LIBRI PUBBLICATI:

"Quando sarò grande sarò piccolo! (Cartman Edizioni - Torino.)

"Clown Celeste". Pedagogia creativa per un teatro comico. (Cartman Edizioni - Torino.)

"Che cosa è il clown?" Segni, sogni, disegni. (Cartman Edizioni - Torino.)

"Scuola di Teatro scuola di vita" Saggio. (Cartman Edizioni - Torino.)

"Un Clown alla ricerca di Dio". Romanzo. (Cartman Edizioni - Torino.)

"Diario di un Clown" (Meef Edizioni - Roma.)

"Una vita da clown" (Editori Riuniti - Roma.)

"Pellegrinaggio di un clown" (Editori Riuniti - Roma.)

"Piccoli racconti spirituali" (Meef Edizioni - Roma.)

"Angeli dalle ali verdi" (Meef Edizioni - Roma.)

"L'arte di meravigliarsi" (Cartman Edizioni - Torino.)

"Il vangelo di un clown" (Cartman Edizioni - Torino.)

"Gli angeli scaduti" (Cartman Edizioni - Torino.)

"Il Circo d'Abruzzo" (Cartman Edizioni - Torino.)

"Come un cavallo in una teiera" (Cartman Edizioni - Torino.)

"Colpi di grazia" (Cartman Edizioni - Torino.)

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L'ALBERO DI BO
L'ARTE DEL CLOWN
LA NASCITA DELL'UOMO
SCUOLA DI TEATRO, SCUOLA DI VITA


L'ALBERO DI BO
A proposito di Bo e di un albero
Un giorno il grande Maestro Bo salì sulla più alta montagna del Perù e disse: "Bello qui! Por certo, ma donde si trova un baretto en da queste parti che tengo una sete del diablo?". Tutte le nuvole s'inchinarono a queste profonde parole tinte di leggerezza, e capirono che il profondo è leggero, anche se il leggero non è sempre profondo, ma chi se ne frega, applaudirono lo stesso di gran cuore. Anche le stelle applaudirono un bel po', pure le stalle ma non i buchi neri, i buchi neri se ne fregavano completamente, vai a sapere perché, bo. Allora il grande Maestro prese un seme e lo lanciò nell'infinito. Nacque così l'albero di Bo. Sulle sue foglie erano scritte antiche verità immediatamente contraddette da scintille di risate. "Che cosa combini?" dissero gli angeli incuriositi. E lui rispose con saggezza infinita: "Bo, che ne so".
Da quel giorno ogni sua risposta sembrava una domanda e ogni domanda si concludeva con un grande stupore. Il Maestro Bo afferrò un pavone che andava a fare la spesa al supermercato e gli rubò una penna, poi strappò una foglia immacolata dall'albero di Bo e scrisse queste sagge parole: la vita è bella come un albero di Bo.

****

La domenica, il Maestro Bo andava nel parco delle giostre e si metteva in fila dietro i bambini per comprarsi un biglietto. Saliva poi sulla giostra scegliendo il carro di Cenerentola o la moto di Peter Pan.
- Perché perdi il tuo tempo sulle giostre, Maestro?
- Non perdo il mio tempo, - disse Bo - studio la Storia dell'umanità.
Quella sera, l'albero di Bo agitava le sue foglie e si divertiva a imitare il canto delle sirenette e la voce del giostraio, mentre le nuvole nel cielo applaudivano ridendo a squarciagola. Al mattino, la pioggia era rinfrescante.

****

Un sabato, l'amico di Bo sorprese il Maestro che frugava come un barbone nel cassonetto della mondezza. Il camion non era ancora passato e Bo buttava per aria pezzi di pizza, plastica e schifezzuole varie.
L'amico disse: "Maestro, suppongo che stia sempre studiando la storia dell'umanità?". "Come hai indovinato?" disse Bo. E il discepolo disse: "Bo". Risero tutti e due mentre l'albero di Bo diventava verde e giallo e cambiava colore secondo la luce del giorno.

****

Una bella domenica, Bo si avvicinò a un muro e rimase immobile tutto il pomeriggio guardando con attenzione le pietre.
- Che fai? - chiesero i suoi amici.
- Cerco una via d'uscita.
Quella sera, l'albero di Bo si coprì di nuvole, e due cani randagi cominciarono a ringhiare ai passanti. Solo quando l'alba spunto dal suo letto tornò il silenzio.

****

Un vigile urbano si accorse che un uomo dagli occhi bendati camminava in mezzo al traffico. Gli fischiò e gridò:
- Si fermi subito, è pericoloso! Si tolga la benda e apra gli occhi!
- Parola saggia - disse Bo, mettendosi la benda in tasca - Aprire gli occhi è proprio ciò che manca alla gente.
- Che cosa manca alla gente? - chiese il vigile giusto prima di farsi investire da un furgoncino.
- Bo -ripose Bo, mentre accompagnava il vigile, poco vigile, all'ospedale.
Quella notte l'albero cominciò a tossire.

***

Era diventata un'abitudine: Il guardiano del Louvre lo vedeva entrare alla stessa ora ogni giorno, cioè poco prima dell'ora di chiusura; pagava il biglietto e scompariva svelto nelle sale, fischiettando. Un giorno il guardiano si precipitò dal direttore per raccontargli l'accadutoÖ
- Dov'è il problema? - chiese il direttore.
- Il problema è che non torna.
- Che cosa non torna? - disse il direttore fissando il guardiano con occhi di ghiaccio.
- Il visitatore! - gridò il guardiano -. Scompare in una delle sale, non so quale, non so dove! La mattina lo ritroviamo all'ingresso, fresco come una rosa. Se ne va lasciando dietro se un po' di sabbia, qualche fiore, alcune spighe di grano, come se avesse fatto un giro al mare, in campagna, che ne so, ma non di certo in un museo! Follia pura!
Incuriosito, il direttore del Louvre seguì lo strano visitatore senza farsi vedere. Vide quell'uomo entrare cinque minuti prima della chiusura e scomparire nella sala dedicata a Van Gogh. Lì, davanti al famoso quadro Il campo di grano, Bo - perché era lui - si fermò. Si tolse le scarpe, poggiò la sua giacca sul braccio, poi si lanciò contro il quadro, saltò dentro e scomparve nel campo di grano tenendo le sue scarpe nella mano destra. Il direttore non esitò e lo seguì prima ancora che i guardiani se ne accorsero. "Certo", pensò il direttore, "è proprio strano stare qua nel Louvre in mezzo ad un campo di grano!". L'aria era fresca e leggera come una risatina e senza pensarci più il direttore si mise sulle tracce di Bo. Dopo pochi istanti oltrepassarono un ponticello, Bo girò per un sentiero e si fermò davanti a una sorgente. Il maestro si girò verso il direttore e, come se fossero vecchi amici, disse: "Buona notte!". Poi si sdraiò per terra vicino a una pietra bianca e ben presto cominciò a russare. Il direttore ne fu talmente stupito che tornò indietro senza dire una parola. L'indomani incrociò Bo che usciva del quadro con grande naturalezza, infilò le sue scarpe e gli disse: "Adoro Van Gogh, è molto riposante, non le pare?". Poi uscì dal museo lasciandosi dietro alle spalle qualche spiga di grano. "È suo il grano caduto o è quello di Van Gogh?" balbettò il direttore. Bo rispose: "Bo".
Da quel giorno il direttore del Louvre cominciò a guadare i suoi quadri in un altro modo.

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L'ARTE DEL CLOWN
L'arte del clown è come la marmellata di mirtillo.
La marmellata di mirtillo é insuperabile, l'arte del clown pure.
L'arte del clown è come l'arte di zappare la terra in Siberia.
Zappare la terra in Siberia è bello ma duro, l'arte del clown pure.
L'arte del clown è l'arte di vivere l'infinito presente.
L'arte del clown è una grossa perdita di tempo.
Pure respirare è una perdita di tempo.
L'arte del clown è l'arte di fare ridere con cose semplici, sempre più semplici, finché uno non vede una foglia al vento e comincia a ridere.
L'arte del clown è l'arte di rinnovare lo sguardo.
L'arte del clown è l'arte di vedere quadrato ciò che è tondo, dubbioso ciò che sembra chiaro e uguale ciò che è diverso.
L'arte del clown ha molto a che fare con l'arte di vedere e l'arte di vedere con la notte: vedere la notte significa presentire il canto dell'alba.
L'arte del clown è l'arte di trovare la propria follia, e una volta che l'hai trovata, buttala via: la follia non si trova, ci si perde dentro.
Il clown vive una presenza perpendicolare a se stesso.
L'arte del clown è l'arte della leggerezza, se Dio esiste porta un naso rosso.
L'arte del clown non è né pesante né leggera, parla di una cosa innata all'uomo: l'arte di meravigliarsi.
L'arte del clown è l'arte di essere principianti. Per essere principianti basta dire non so niente.
Non sapere niente è facile: basta studiare duramente per trenta anni poi buttare tutto nel fossato, allora si può cominciare a camminare verso la strada lunga che porta al non sapere.
La presenza del clown è l'assenza del pensiero.
L'arte del clown è l'arte di morire a ogni istante e mai tornare. Mai. Così andrò via, andremo via, via tutti, con le mani piene di profumi, via, sul pianeta nuovo, dove gli uomini si danno schiaffi per finta e non più per davvero, poiché il clown non confonde l'incubo con il sogno, come i bambini non confondono la realtà e la finzione del gioco.
L'arte del clown è l'arte di mettersi una conchiglia contro l'orecchio per ascoltare il canto del mare.
L'arte del clown ti chiede che cosa hai combinato tutti questi anni invece di fare la raccolta delle conchiglie sulla spiaggia dello scherzo.
Il clown non fa esercizi artistici particolari, niente di straordinario. No. Si alza, beve il caffè, poi si fa un mazzo così come tutti. La grazia c'è o non c'è, non tocca a lui decidere.
L'arte del clown è l'arte di fare scivolare due dita delicate sotto le proprie palpebre, per cogliere, appena svegliato, quegli strani animali gialli e arancioni coperti di ali che ti hanno portato in bicicletta tutta la notte e disegnato sul tuo volto quel silenzio magnifico che ora sta scomparendo.
L'arte del clown non va confusa con il clown McDonald's. Il secondo vende hamburger, il primo non vende niente. Ama le mucche e il suo alito è fresco.
Il clown è fuori definizione perché fuori fa più caldo.
L'arte del clown non è l'arte di fare l'imbecille, il mondo intero è già pieno zeppo di fuori di testa, non aggraviamo la situazione.
L'arte del clown è l'arte di ritornare al cuore di se stessi,
al grande stupore, uno stupore stupefacente,
incandescente.
Parliamo del ritorno al primo respiro
al primo...
Ah ah ah ah ah
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La nascita dell'uomo
L'uomo nasce a immagine di Dio ma quest' immagine è mobile come i riflessi dell' acqua quando passa la mano del vento. Se la vita è danza è danza di atomi. L' uomo ne è l'espressione pura.
" Tout bouge " diceva Lecoq, tout bouge dunque, tutto canta, dalle stelle alle margherite.
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Scuola di teatro, scuola di vita
Quando penso ad una scuola di teatro penso a delle persone amiche come Durckeim, Tagore, ma anche il vecchio Montaigne, poi Edith Stein, John Dewey... tutti nomi che non hanno a che vedere con il teatro, ma di certo con l'educazione. Grazie a loro ho potuto pensare ad una scuola senza muri.
Una scuola con una cucina per riunirsi e prendere il caffe intorno a qualche testo del grande William. Con il proposito di studiare le antiche storie cinesi, tibetane, indù, i miti greci, per poi tuffarsi nel mondo dei clowns. Insomma...dalla tragedia...ai clown.
Dietro tutto ciò uno scopo: il viaggio gli occhi aperti l'incontro con Socrate cioè il mondo della conoscenza.
Una scuola che propone delle direzioni precise e chiede agli studenti di andare soprattutto dall'altra parte, nella direzione che non c'è. Ancora. Non parlo dell'assenza bensì della presenza ma come dire il mondo è strano incomprensibile e solo lo sguardo dei bambini riesce a coglierene la vastità.
Parlo di una scuola dove si prende il caffé d'orzo con un un cucchiaio d'infinito.
Questo non è serio. Infatti e per fortuna. Non essere serio è l'unico modo valido per affrontare la vita.
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