QUALCHE PAROLA PER INIZIARE
C'è chi ama la caccia allo zebù, a me piacciono i clown. Il clown, ovvero l'arte di perdere gli
zebù delle proprie certezze, o meglio, l'arte di perdere sé stesso per ritrovarsi diverso, ridicolo come uno
zebù con il naso rosso. Ridicolo davvero, non come pensavo che fossi o come credevo di essere. No, per niente,
al contrario: mi presento in una veste fragile perché così è l'uomo, e vedere questo me stesso,
così ridicolo, mi lascia libero, libero di me, senza personaggio, senza niente... pieno di vuoto o d'aria,
leggero come... come uno zebù alato, ecco. L'arte del clown provoca la caduta di ogni personaggio, lo scherzo
è l'espressione della gioia ritrovata avendo abbandonata ogni idea. Ma abbandonare non è facile né
semplice. Pensavo proprio a questa difficoltà mentre viaggiavo da nord a sud, dal lunedì alla domenica per
insegnare i clown. Viaggiavo con la mia valigetta piena di esercizi di clown. Sentivo, come dire, come mi si
stringeva il tempo, e mi chiedevo: come posso insegnare tutto in così poco tempo? Impossibile. Dovrei inventare
un luogo per fare questo con più calma. Dopo aver passato vent'anni a cercare di capire che cos'è la timidezza,
a scoprirla sotto le rocce umide della notte e ad addomesticarla, non riuscivo proprio a insegnare in una manciata di secondi
il poco che avevo capito. Sarà che sono lento. Il ridicolo poi! Ci vuole del tempo per vederlo apparire,
come il cervo nella foresta, non arriva su appuntamento. Che bello, però, guardare il ridicolo! Quando cadranno come
foglie le idee ci sarà un bel rumore. Essere ridicolo, questo senso solare e stupefacente che fa crollare ogni personaggio
che ci portiamo appresso e che rivela in noi una libertà spesso nascosta. Come potevo insegnare tutto ciò in
due giorni, mi dicevo. Ero come la freccia rossa che prendevo ogni weekend, veloce certo, ma meglio un asino, pensavo,
un asino è ridicolo, sa guardare il paesaggio. La velocità è paura, ho pensato.
L'amore è lento, prende il suo tempo, ma non tutti sono d'accordo. Notavo che spesso gli studenti mi chiedevano
soluzioni veloci e sbrigative, pure loro... Non ci sono soluzioni, per i clown ci sono solo problemi. Questa
è la soluzione. Il clown è un'arte, dietro il naso rosso si muovono antiche figure: Chaplin, Keaton,
i grandi maestri come Grock, Lecoq, Dimitri, Turba, Chocolat e il russo Popov, i Fratellini. Non sarebbe bello analizzare
questi particolari? Creare una struttura professionale e prendere il tempo di guardare più a fondo che cosa
rende comico un gesto e non un altro? Ci vuole un tempo, uno studio vero e proprio. L'arte di scherzare non è uno
scherzo. Mi sembrava sempre più necessario trovare un'isola, una stazione, una fermata d'autobus, una sedia, una
nuvola dove poggiare la mia valigia e incontrare degli amici per approfondire questa completezza. Silvia Marcotullio mi ha
proposto la sede: l'Accademia Internazionale di Teatro, un luogo perfetto nel centro di Roma. Così avevo deciso...
o meglio: era deciso. Questa École Des Clowns si svolgerà sotto forma di incontri regolari una volta al
mese. Formerò un gruppo di persone interessate allo stesso viaggio, viaggiando per un lungo tempo: un anno
insieme. là, il ridicolo avrà la sua parte,il perdersi potrà fiorire. Andremo nel profondo
delle cose. È tempo di uscire dal porto quindi... il vento si alza azzurro... il viaggio inizia.
Emmanuel Gallot-Lavallée
(L'École des Clowns ha aperto le sue porte nel 2010).
|